|  FRAMES  |

«E' buffo come i colori del vero mondo divengano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo...»

- Arancia meccanica, Stanley Kubrick

«Là dove il mondo reale si muta in semplici immagini, le semplici immagini diventano esseri reali,

e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico”»

- La Société du Spectacle, Guy Debord


 

«quali sono le forme della nostra relazione, del nostro 'contatto' con quelle immagini [del cinema] che ci sembrano così reali, che sono lì, a portata di mano, che si riferiscono così chiaramente alla nostra realtà e che pure sono capaci di trasportarci in una dimensione di pura virtualità? [...] Proporremo un'ipotesi forte su come le neuroscienze possano aiutarci a comprendere meglio cosa è il cinema e come funziona nel suo rapporto col pubblico, e lo faremo articolando un nuovo modello di percezione e dell'inziale comprensione del mondo da essa generata che può essere applicato sia all'esperienza della vita reale sia a quella del mondo di finzione del cinema: la simulazione incarnata (embodied simulation), che ipotizziamo costituisca un meccanismo di funzionamento di base del sistema cervello-corpo dei primati, uomo incluso. Grazie a tale meccanismo si può instaurare una relazione di tipo diretto e non-linguistico con lo spazio, gli oggetti, le azioni, le emozioni e le sensazioni altrui, per il tramite dell'attivazione di rappresentazioni sensori-motorie e viscero-motorie nel cervello dell'osservatore

- da Lo schermo empatico. Cinema e Neuroscienze,

Vittorio Gallese e Michele Guerra

 
 
 
 
 

Frames |

di Tobia Donà

Ricordo che mio nonno teneva in un cassetto sei o sette fotografie a lui molto care. Poche immagini per raccontare un'intera vita. Frames congelati e strappati all'inesorabile divenire dell'esistenza il cui destino è diventare l'esistenza stessa. Ricordi personali cristallizzati in frammenti mnemonici che probabilmente non sono neppure stati scelti ma si sono stratificati per caso in quel cassetto della memoria. Quante volte paragoniamo la vita a un film, tanti episodi composti d'immagini di vita reale o solo immaginata, dei quali ricordiamo solo alcuni, i più intensi. I quadri di Lorenzo Marabini sono Frames di un cassetto della memoria che è di tutti noi, se è vero che la cultura di massa provoca da una parte inevitabili fughe immaginarie dalla realtà, contribuisce anche alla creazione di nuovi miti e nuove immagini dove noi ci riconosciamo, essi sono i fotogrammi di tutta una generazione. Scrive Marabini "Ho preso dei “fermo-immagine”, dei fotogrammi (frames) come modello, tra quei film che mi hanno attratto, intrigato, come se avessi guardato a una qualsiasi scena interessante di vita 'reale' ". Ecco egli diventa attraverso la pittura il regista di quelle storie. Il processo è simile alla trasposizione filmica di un romanzo. Il regista dà corpo alle immagini che si sono formate nella sua mente dall'analisi del testo scritto, decidendo cosa avrà maggiore o minore peso nel film. Ne escono immagini fresche quasi sfocate dipinte più con la mente che col pennello. Del film originale non rimane molto e, come dice egli stesso, non è importante ricondurre il quadro al titolo del film, sono solo frames numerati progressivamente come in una pellicola. La mostra Frames, conclusasi il 9 aprile alla galleria Ninapì di Ravenna, diviene così il film di Lorenzo Marabini. La mostra è stata curata da Chiara Fuschini che si occupa della direzione di questo luogo molto singolare assieme a Giuseppe Padula. Si tratta di un ampio spazio in centro storico, occupato per molti anni da una tipografia e che dal duemila si è trasformato in galleria espositiva, conservando tutto il fascino dell'antico laboratorio artigiano. Un laboratorio di idee a disposizione di artisti italiani e stranieri, ospitando tra gli altri anche Italo Scanga, Dale Chihuly e Hermann Nitsch.